Nel 1982, diverse centinaia di abitazioni nello stato di Washington (USA) furono illuminate grazie all'energia elettrica generata dal vento. Era sorto il primo impianto per lo sfruttamento commerciale della forza del vento nella produzione di elettricità. Dopo oltre mille anni di storia, i mulini a vento avevano trovato un nuovo impiego. Anche se apparati elementari girevoli col vento erano già usati dai greci nel I secolo a.C., i primi mulini a vento di cui si abbia notizia, costruiti dai persiani, risalgono al VII secolo d.C. La loro introduzione in Europa avvenne solo nel XII secolo e la loro funzione per molti secoli fu quella di mettere in moto macine per triturare granaglie e altri prodotti.
Nonostante il mulino a vento fosse considerato ormai superato dopo la rivoluzione industriale, nel 1890 in Danimarca si ebbe un primo tentativo di produzione di elettricità grazie a turbine eoliche. Tuttavia, è nella prima metà del Novecento che inizia il suo impiego nella produzione di elettricità grazie al movimento dell'aria. Negli Stati Uniti, nell'ambito del Rural Electrification Program degli anni Trenta, l'uso di piccoli generatori ad aria (aerogeneratori) si diffuse assai rapidamente, al punto che queste macchine, di cui sembra fossero stati costruiti 6 milioni di esemplari, divennero elementi caratterizzanti il paesaggio delle aree agricole in cui non giungeva la rete elettrica. A partire dagli anni Trenta fino a tutti gli anni Cinquanta, in Italia furono installate, soprattutto in Toscana, alcune migliaia di macchine eoliche, non per produrre elettricità ma per il sollevamento dell'acqua. La concorrenza spietata del petrolio, disponibile in quegli anni a basso costo, determinò l'abbandono dei programmi di sviluppo dell'energia fornita dal vento fino alla prima crisi energetica del 1973, anno in cui l'impennata dei prezzi del greggio e la crescente sensibilizzazione nei confronti dell'ambiente ne hanno rinnovato l'interesse.
Oggi le centrali eoliche hanno raggiunto una buona maturità tecnologica, tanto da divenire competitive rispetto ad altri tipi di centrali elettriche, per lo meno nelle zone più ventilate. Attualmente in tutti i paesi industrializzati si continuano a sperimentare nuovi materiali e a realizzare prototipi di generatori a turbine eoliche per migliorarne le prestazioni e aumentarne l'affidabilità.
Gli attuali aerogeneratori non condividono più nulla con i classici mulini a vento. Si tratta infatti di sofisticate macchine con una o più pale realizzate con materiali idonei per resistere a sollecitazioni confrontabili a quelle cui sono soggetti gli aeroplani. Infatti, le estremità delle pale possono raggiungere velocità 5 volte superiori a quelle del vento, con il pericolo che, nei casi di raffiche anomale o di tempeste, le eliche possano raggiungere velocità prossime a quelle supersoniche. In ogni caso, gli aerogeneratori sono muniti di dispositivi automatici di rallentamento o di messa "in panne" delle eliche.
Le macchine eoliche si dividono in due grandi famiglie a seconda che il rotore (la parte ruotante, costituita dal mozzo su cui sono inserite le pale e dalle pale stesse) sia parallelo o perpendicolare alla direzione del vento. Nel primo caso si dicono ad asse orizzontale (ne sono un esempio i tipici mulini olandesi) mentre nel secondo caso si parla di macchine ad asse verticale (sono di questo tipo gli strumenti usati in meteorologia per misurare la velocità del vento).
Le macchine ad asse orizzontale hanno bisogno di complicati sistemi di controllo della tensione e della frequenza e hanno un maggiore rendimento aerodinamico; per questo motivo sono quelle pi├╣ utilizzate per la produzione di energia elettrica. Le macchine ad asse verticale sono invece maggiormente adattabili a sfruttare venti di direzione variabile, e meno sofisticate.
Gli aerogeneratori offrono una grande versatilità di taglia in relazione ai diversi valori di potenza disponibili. Si va dalle piccole macchine da 2000 a 10.000 watt (W) - ovvero 2-10 chilowatt (kW) -, utilizzate per l'alimentazione di utenze isolate e dotate di sistemi di accumulo di energia elettrica per i periodi senza vento, a macchine più grandi che possono essere collegate in serie per formare vere e proprie centrali eoliche anche di molti megawatt (MW) - cioè molti milioni di watt - ed essere allacciate alle rete elettrica.
Nelle Hawaii è stato realizzato un aerogeneratore di potenza unitaria fino a 7 MW, nonostante la tendenza dell'industria sia volta alla costruzione di macchine con una potenza unitaria compresa tra 300 e 600 kW. In Ucraina è in allestimento una centrale da 500 MW con aerogeneratori di grande taglia, che sarà la più grande del mondo.
Le dimensioni dei moderni aerogeneratori sono comunque ragguardevoli: una macchina da 200 kW, posta su una torre di 30 m di altezza, fa girare un rotore dal diametro di circa 35 m; per macchine più grandi le torri possono raggiungere gli 80 m di altezza con rotori di 80-100 m. Il limite principale delle centrali eoliche è la loro dimensione in rapporto alla produzione di elettricità. Sono necessarie aree molto vaste per poter raggiungere potenze significative: servono infatti 2000-3000 aerogeneratori di media potenza ben distanziati fra loro per far fruttare utilmente un vento che fornisca 1000 MW di potenza, ovverosia valori confrontabili con quelli, per esempio, di una centrale idroelettrica . Inoltre la distribuzione delle centrali eoliche non può essere uniforme e continua sul territorio dal momento che i generatori a turbine eoliche richiedono aree ventilate in cui il vento soffi a una velocità media di almeno 21 km/h. Nonostante ciò produzioni elettriche da fonte eolica, sia pure modeste, esistono ormai in tutti i paesi industrializzati. In California e in Danimarca sono già rilevanti: si pensi che in quest'ultimo paese la produzione di elettricità da fonte eolica raggiunge il 10% di quella totale. Le favorevoli condizioni ambientali e di ventilazione della California e della Danimarca non si riscontrano però in tutti i paesi industrializzati. Il vantaggio principale degli impianti eolici è invece quello di avere un limitato impatto ambientale, pur se producono effetti di disturbo a causa del rumore generato e delle possibili interferenze elettromagnetiche.
